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Il paradosso dei tassi di interesse

Il paradosso dei tassi di interesse

L’era Draghi caratterizzata da tassi di interesse nulli o negativi di politica monetaria volge al termine. Un’era segnata dal salvataggio dell’euro e dal superamento della crisi dei debiti sovrani. Pensiamo all’Italia e agli altri Paesi del Sud dell’Unione europea.

La recente riunione della Banca Centrale Europea (BCE) presieduta da Draghi ha confermato questa impostazione con tassi di interesse sui depositi delle banche ancora più negativi e riduzione di quelli sui rifinanziamenti a lungo termine. Il Quantitative Easing (QE) sarà ripreso, a partire dall’inizio di novembre, a un ritmo di 20 miliardi mensili.

Di fronte a queste misure, che confermano ancora una volta la politica monetaria fortemente espansiva della BCE, si è registrato un certo malcontento da parte delle banche tedesche, a cui Draghi ha prontamente risposto affermando che le banche devono lavorare per la riduzione dei loro costi.

Con il cambio della Presidenza della BCE, è utile domandarci come potrebbe essere la politica monetaria di Christine Lagarde.

Ci interessa qui sottolineare le distorsioni che si determinano a causa di tassi di interesse negativi o nulli, con considerazioni sia di carattere teorico che pratico.

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Non è questa la sede per trattare le diverse teorie del tasso di interesse: teorie soggettive, oggettive, sintesi neokeynesiana, legate all’analisi del valore e della distribuzione. Si desidera solo sottolineare che la globalizzazione dei mercati e la crescente potenza pervasiva delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (rivoluzione digitale) stanno riducendo il peso dello spazio nella determinazione di differenti tassi di interesse, ma non quello del tempo. Come sta avvenendo, l’incertezza del futuro può essere fronteggiata con tecniche sempre più sofisticate, ma non eliminata, e la diversa valutazione dei beni presenti rispetto a quelli futuri costituisce, secondo l’insegnamento dei grandi economisti della scuola austriaca, una delle cause fondamentali dell’esistenza del tasso di interesse.

Tassi interesse intorno allo zero portano ad una uguale valutazione dei beni presenti rispetto a quelli futuri, con distorsioni soprattutto nei periodi come i nostri di forte accelerazione del progresso scientifico e tecnico. Il tasso di interesse non svolge l’importante funzione di selezione degli investimenti, privilegiando quelli di natura finanziaria rispetto agli investimenti reali. Vengono incentivati la finanziarizzazione dell’economia e i processi che estraggono valore invece di crearlo.

Ancora: tassi di interesse nulli o negativi tendono a distorcere i processi di intermediazione finanziaria delle banche, con lo spostamento ad altri operatori. Assistiamo ad una sorta di spiazzamento delle banche a favore di strutture finanziarie collocate in altri operatori come nel caso delle case automobilistiche. Come è noto, tutte le case automobilistiche hanno creato al loro interno delle società finanziarie, spesso chiamate banche, che consentono il pagamento rateizzato delle automobili a tassi di interesse effettivi annui che oscillano tra il 5 e il 9%. In questo modo le case automobilistiche guadagnano molto di più attraverso la loro attività finanziaria che non dal prezzo delle automobili che deve fare i conti con una forte concorrenza, avvicinando i prezzi ai costi medi di produzione. Le case automobilistiche possono finanziarsi a tassi di interesse molto bassi presso il sistema bancario e beneficiare di un larghissimo margine di interesse. Tutto questo è finanziarizzazione dell’economia e il discorso si estende naturalmente all’acquisto dei vari beni di consumo durevole.

Quando c'è l'aspettativa di un rialzo dei tassi di interesse a breve di politica monetaria, alle famigle e alle imprese conviene indebitarsi subito a medio e lungo termine a tassi di interesse fissi e non variabili. Inoltre, eccessive differenze tra tassi a breve ( nulli o negativi) e a lungo termine determina un orientamento eccessivo a speculare sul breve termine sui mercati finanziari (finanziarizzazione) invece di investire a medio e lungo termine con effetti benefici sull'accumulazione, lo sviluppo e l'occupazione.

Comitato Tecnico Scientifico dell'Unione Cristiana Imprenditori Dirigenti (UCID)

Roma, 23 settembre 2019