Schede CTS

Dove va il cambio dell'Euro?

Dove va il cambio dell'Euro?

Il cambio dell’euro rispetto al dollaro aveva raggiunto il massimo negli ultimi dodici mesi il 15 febbraio del 2018. Si trattava di una quotazione di 1,2493 dollari per euro, rispetto al minimo di 1,1321 del 15 agosto di quest’anno. La perdita della moneta europea tra le due date è uguale al 10,4%. Quella rispetto alle quotazioni attuali intorno a 1,15 dollari per euro è pari all’8,6%.

Ci si chiede se questo trend dell’euro rispetto alla moneta americana continuerà nei prossimi mesi, tenuto conto di due eventi molto importanti; la fine del Quantitative Easing (QE) il 31 dicembre di quest’anno e la scadenza della Presidenza della Banca Centrale Europea a novembre del 2019. Naturalmente, il cambio dell’euro sarà influenzato anche dalla politica monetaria della Federal Reserve americana che ha imboccato una strada dei tassi di interesse crescenti.

La fine del QE e quindi dell’acquisto di titoli del debito pubblico e privati da parte della BCE ridurrà l’iniezione di liquidità sul mercato. I tassi di interesse dovrebbero quindi lasciare la posizione zero che ha caratterizzato la politica di Draghi, per uscire dalla deflazione, per diventare positivi. Tale previsione è corroborata dal fatto che il nuovo Presidente della BCE dovrebbe essere tedesco e questo fatto porta a irrobustire la previsione di un rialzo dei tassi di interesse in Europa.

euro

Ma ci sono altri fattori che pesano sull’andamento del tasso di cambio dell’euro rispetto al dollaro. Si tratta dell’esito delle elezioni europee di primavera, con non pochi Paesi dell’Unione che sono molto critici di fronte a “questa” Europa. Quasi tutti sono convinti che per il nostro futuro ci vuole più Europa e non meno Europa, ma un’Europa diversa. Lo sviluppo è stato sacrificato sull’altare di una sedicente stabilità che ha ingessato le possibilità di crescita delle varie economie aderenti all’Unione e, in particolare, dell’Italia. Le regole fiscali sono diventate una gabbia sempre più stretta che condizionano lo sviluppo e l’occupazione e quindi il rispetto delle stesse regole fiscali. Un circolo vizioso da cui occorre assolutamente uscire e l’esito delle elezioni europee ci darà la dimensione del consenso su questo diverso modo di concepire e di costruire un nuovo futuro dell’Unione.

Un cambio dell’euro su livelli più bassi rispetto alla moneta americana favorisce certamente le esportazioni dell’Unione Europea e, in particolare, dell’Italia. Questo fatto dovrebbe aiutare l’ulteriore miglioramento del saldo commerciale positivo della nostra bilancia dei pagamenti, in un’ottica di sviluppo trainato dalle esportazioni. Il nostro Paese senza l’importante contributo della domanda estera allo sviluppo del reddito e dell’occupazione si troverebbe in serissime difficoltà, a fronte di un contributo negativo della domanda interna per consumi e investimenti. Un cambio più basso favorisce anche i flussi turistici in entrata che stanno diventando una componente molto importante per lo sviluppo del nostro Paese.

Gli Stati Uniti registrano un tasso di crescita molto elevato e praticamente la piena occupazione, rispetto ad un Unione Europea che mostra una performance deludente. Ciò avviene in presenza di una dura lotta commerciale degli Stati Uniti rispetto alla Cina e all’Unione Europea con l’imposizione di dazi all’importazione. Occorre ricordare che il disavanzo commerciale degli Stati Uniti supera i 600 miliardi di euro e che gran parte di esso viene spiegato dall’interscambio con la Cina. La guerra commerciale tende ad accompagnarsi con quella valutaria, con l’interesse del Presidente Trump, più volte dichiarato, di avere una moneta non sopravalutata e in grado di contribuire al riequilibrio del pesante deficit dell’interscambio con l’estero.

Uno scenario quindi molto complesso e incerto, soprattutto per quanto riguarda l’Unione Europea. Il popolo europeo chiede nuovi leader che sappiano tracciare un nuovo sentiero di sviluppo fondato su solide basi reali di solidarietà e di coesione sociale, ben diverso da un’Europa fondata unicamente sulla moneta, sulle banche e su una asfissiante burocrazia che ci hanno condotto ad vicolo chiuso da cui ora bisogna assolutamente uscire per non tradire gli ideali dei grandi fondatori, all’indomani della seconda guerra mondiale, che seppero dare un contenuto ideale alla ricostruzione e allo sviluppo dell’Europa, animati dalle comuni radici cristiane e dai grandi principi della Dottrina Sociale della Chiesa che sono lo sviluppo, la solidarietà, la sussidiarietà, le destinazione universale dei beni e il bene comune.

Comitato Tecnico Scientifico dell'Unione Cristiana Imprenditori Dirigenti (UCID)