Schede CTS

Rileggendo il capitale di Carlo Marx

Rileggendo il capitale di Carlo Marx

La rilettura delle opere fondamentali del pensiero economico offre spunti nuovi che non emergevano di solito dalla prima lettura. Ciò succede anche per l’opera fondamentale di Carlo Marx, Il capitale. Critica dell’economia politica. Nella presente scheda vengono riassunti gli spunti nuovi emersi dalla rilettura, con un confronto con i grandi valori della Dottrina Sociale della Chiesa e, in particolare, con la Rerum novarum di Leone XIII del 1891.

Sul piano generale, si comprende meglio il significato della triste scienza che è l’economia per la descrizione puntuale e molto documentata che Marx fa della condizione di miseria in cui versa la classe operaia del suo tempo.

L’economia è una scienza bella solo se crea benessere per tutti, nessuno escluso, altrimenti è una scienza triste.

L’operaio, soprattutto con riferimento all’esperienza inglese, è condannato, come la descrive Marx, ad una vita misera e di sfruttamento, vivendo in case malsane, con un vitto appena sufficiente a garantire la sussistenza e con orari di lavoro al limite dell’impossibile. Diffusissimo è il lavoro delle donne e dei bambini, sottoposti anch’essi ad estenuanti orari di lavoro in condizioni molto spesso malsane. Per tali motivi nasce in Inghilterra la legge per i poveri e Marx riporta spesso le dettagliate relazioni degli Ispettori che operano sulla base di tali strumenti di intervento per fronteggiare in qualche modo la povertà.

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La prima rivoluzione industriale provocò massicci spostamenti di lavoratori dalle campagne alle città, con l’eccezione di regioni fortemente agricole come quelle dell’Irlanda del Nord. Nelle campagne dominava il latifondismo, con i grandi proprietari terrieri e con i grandi fittavoli. All’operaio agricolo rimaneva un piccolo appezzamento di terreno attorno alla sua modestissima casa dove abitava. La produttività di tali appezzamenti era elevata e consentiva di integrare efficacemente il magro salario per il mantenimento della famiglia, spesso numerosa. Ma non infrequentemente venivano tolti anche questi appezzamenti per spingere i lavoratori dalla campagna alla città per fare fronte ai bisogni di manodopera della prima industrializzazione.

L’operaio lavorava un numero di ore largamente superiore a quello che sarebbe stato necessario per la sua sussistenza e in base alla quale veniva remunerato. La ricchezza prodotta in più costituisce il plus valore che va al capitalista, alla rendita e ad altre remunerazioni.

Un aspetto interessante del “Capitale” riguarda la deficienza di domanda globale dovuta allo squilibrio nella distribuzione del reddito tra salari e profitti. Qui Marx cita i Principi di economia politica di Malthus nel punto in cui si afferma: “L’aumento della domanda da parte degli operai significa solo la loro accettazione a ricevere per se stessi una parte più piccola di quanto hanno prodotto e lasciarne una parte più grande ai loro padroni; e quando si dice che questo, in seguito al diminuito consumo (da parte degli operai) causa un glut (sovraccarico di mercato, sovrapproduzione), non posso rispondere altro che glut è sinonimo di profitto elevato”. In questo senso possiamo dire che Malthus ha anticipato la teoria della deficienza della domanda globale che Keynes svilupperà nella sua Teoria Generale del 1936. E’ anche una critica alla legge di Say che afferma che l’offerta crea sempre la propria domanda. Ciò non è vero quando la distribuzione del reddito è squilibrata per cui assistiamo ad una crisi da sottoconsumo. Pertanto la legge di Say funziona solo se la distribuzione del reddito tra salari e profitti è tale da consentire l’assorbimento di tutta la ricchezza prodotta.

Il rimedio che propone Marx è la lotta di classe che dovrebbe portare al predominio del lavoro sul capitale e alla eliminazione del plus valore perché tutto il valore creato dipende, direttamente o indirettamente, dal lavoro e pertanto tutto deve andare ai lavoratori (teoria del valore lavoro).

La Dottrina Sociale della Chiesa con la Rerum novarum di Leone XIII del 1891 si fa interprete con sollecitudine della grave questione operaia, ma con una via completamente diversa da quella indicata da Marx. Leggiamo le parole di Leone XIII: “Lo sconcio maggiore è questo: supporre una classe sociale nemica naturalmente dell’altra; quasi che la natura abbia fatto i ricchi e i proletari per battagliare tra loro… Invece è verissimo che, come nel corpo umano le varie membra si accordano insieme e formano quell’armonico temperamento che si chiama simmetria, così la natura volle che nel civile consorzio armonizzassero tra loro quelle due classi, e ne risultasse l’equilibrio. L’una ha bisogno assoluto dell’altra: né il capitale può stare senza il lavoro, né il lavoro senza il capitale”.

Impresa e partecipazione sono il frutto di questa diversa visione della Dottrina Sociale della Chiesa rispetto al Capitale di Marx. Si fa riferimento alla partecipazione agli utili d’impresa da parte dei lavoratori, all’azionariato operaio, alla partecipazione dei dipendenti alla gestione (in diverse forme) dell’impresa. Questa visione viene ribadita in modo molto incisivo da Pio XI nell’Enciclica sociale Quadragesimo anno del 1931, a quarant’anni dalla Rerum novarum. Pio XI, invece di parlare di contratto di lavoro, ritiene più corretto parlare di contratto di società. Concetto che verrà ripreso successivamente dal Pio XII in uno dei suoi storici radiomessaggi.

Nel chiudere questa scheda, dobbiamo ricordare la prima Enciclica sociale di Giovanni Paolo II, la Laborem exercens del 1981, nella quale si evidenzia la superiorità del lavoro sul capitale, e si distingue tra lavoro oggettivo e lavoro soggettivo. Il lavoro oggettivo è quello tipicamente economico, che è legato alla legge della domanda e dell’offerta, mentre quello soggettivo fa riferimento all’uomo con i suoi valori di libertà, responsabilità, dignità, creatività.

L’uomo deve essere al centro di ogni processo di sviluppo, in una visione di nuovo umanesimo cristiano che è realizzabile con la guida dei grandi valori della Dottrina Sociale della Chiesa: sviluppo, solidarietà, sussidiarietà, destinazione universale dei beni, bene comune.

Unione Cristiana Imprenditori Dirigenti (UCID)

Roma, 8 ottobre 2018