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Trent'anni della riunificazione tedesca: un parallelo con l'Unione europea

Trent'anni della riunificazione tedesca: un parallelo con l'Unione europea

L’anno prossimo ricorrono i trent’anni della caduta del muro di Berlino e quindi della riunificazione delle due Germanie.

Come si ricorderà, la riunificazione, voluta fortemente da Kohl, fu molto costosa, anche perché avvenne sulla base di un cambio di parità tra i due marchi. Per un certo numero di anni ciò portò ad un doppio deficit: quello fiscale e quello delle partite correnti della bilancia dei pagamenti della Germania riunificata.

L’importante anniversario suggerisce un parallelo con la costruzione dell’Unione Europea, per coglierne le profonde differenze. Da anni la Germania, da quando è partita l’Unione Europea, registra un risparmio strutturalmente superiore agli investimenti e quindi un avanzo elevato e crescente delle partire correnti della bilancia dei pagamenti, pari attualmente a quasi il 10% del prodotto interno lordo (PIL). Esattamente il contrario di quello che dovrebbe avvenire se la Germania fosse, come dovrebbe avvenire, la vera locomotiva dell’Unione Europea per assicurare stabilità strutturale alla moneta comune: l’euro. I consumi dovrebbero pertanto essere superiori a quelli che sono, grazie ad una politica salariale molto più espansiva, come pure gli investimenti. Una domanda interna per consumi ed investimenti che farebbe da traino all’economia dell’Unione Europea, comporterebbe un equilibrio delle partite correnti della bilancia dei pagamenti tedesca o, meglio, di un disavanzo come è avvenuto ai tempi della riunificazione delle due Germanie. Purtroppo è avvenuto il contrario, con un’Unione Europea che presenta i segni di una profonda crisi che inevitabilmente si ripercuotono e si ripercuoteranno sempre di più sulla sostenibilità nel lungo periodo dell’euro.

Da un po’ di mesi l’euro risulta debole rispetto alla moneta americana, la cui economia è invece molto positiva. La crescita del reddito si avvicina al 5%, il tasso di disoccupazione non è mai stato così basso da diversi decenni, l’inflazione è contenuta e anche le partite correnti della bilancia dei pagamenti mostrano segni di miglioramento, pur partendo da un deficit molto forte che ha determinato la politica dura del Presidente Trump con l’introduzione dei dazi all’importazione.

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Il cambio debole dell’euro rispetto alla moneta americana appare in contraddizione con l’enorme avanzo delle partite correnti della bilancia dei pagamenti tedesca. Esso dovrebbe essere molto più forte per spingere verso il riequilibrio le partite correnti della bilancia dei pagamenti della Germania. Ciò avverrebbe senz’altro se la Germania avesse il suo marco, ma ciò non avviene perché l’euro è una moneta paniere che riflette le differenze notevoli tra le economie dei Paesi che la compongono. A meno che la Germania non facesse da locomotiva agli altri Paesi dell’euro con un rilancio del tasso di crescita dell’Unione Europea e quindi con una maggiore stabilità della moneta comune. Ma la Germania fa i propri interessi, come mostra l’ingente avanzo delle partite correnti della bilancia dei pagamenti, ormai vicino al 10% del PIL, rispetto al 6% consentito. E’ l’eccesso dei risparmi sugli investimenti che registra la Germania e che dovrebbe essere riequilibrato attraverso un forte impulso alla domanda interna per consumi e per investimenti.

Non va disconosciuto che un euro debole rispetto al dollaro è favorevole ad un Paese come l’Italia che ha un’alta propensione all’esportazione e che il contributo delle esportazione nette alla crescita del reddito e dell’occupazione è di fondamentale importanza. Naturalmente, tale contributo andrebbe rafforzato con una spinta sui consumi e, soprattutto, sugli investimenti. Pensiamo, in particolare, agli investimenti in infrastrutture di cui il nostro Paese ha estremo bisogno, come mostrano gli eventi drammatici degli ultimi mesi in diverse parti dell’Italia.

La riunificazione tedesca ha avuto esiti positivi ma a prezzo di un ingente sforzo sul piano fiscale e di risorse nette tratte dall’estero, come mostrano i disavanzi commerciali della Germania degli anni novanta dopo la riunificazione.

Abbiamo bisogno di più Europa e non di meno Europa, ma di un’Europa diversa. Un’Europa diversa che riunifichi i Paesi che fanno parte dell’Unione, in modo analogo a quello che è avvenuto con la riunificazione delle due Germanie.

Abbiamo per questo bisogno di nuove figure di politici, come è avvenuto negli anni cinquanta con la nascita del Mercato Comune ad opera di grandi statisti cristiani come Adenauer, Schuman e De Gasperi. Uomini che consideravano la politica come missione e come la più alta forma di carità per lo sviluppo e la costruzione del bene comune. Quindi una delle tre virtù teologali, assieme alla fede e alla speranza. Virtù che venivano praticate assieme a quelle cardinali della prudenza, della giustizia, della fortezza e della temperanza. Senza una politica alta e grandi politici l’Europa non può risorgere, perché abbiamo visto che la sola moneta non basta per creare il popolo dei cittadini europei che credono in un destino comune nelle grandi traiettorie della storia.

Comitato Tecnico Scientifico dell'Unione Cristiana Imprenditori Dirigenti (UCID)

Roma, 19 novembre 2018