Caro Direttore,
il "Corriere" ha dato voce a chi, come Emma Bonino e Silvia Manzi, contesta il congresso mondiale della famiglia che si terrà a Verona i prossimi 29-31 marzo. Speravo che analogo spazio il più grande giornale italiano avesse riservato a chi, pur non essendo trai promotori del congresso, ne condivide totalmente lo spirito e gli obiettivi. Invece dopo che per ben due giorni mi continuavano a ripetere che non ricevevano la mia e-mail, mi è pervenuta la risposta che “ al momento non c’era spazio per la pubblicazione”. Ritenendo pertanto che le argomentazioni “velenose” dei radicali Bonino e compagni non possano restare senza risposte, ti sarei grato se volessi essere tu ad ospitarmi.
Per noi la famiglia resta un corpo sociale intermedio "naturale", contrariamente a quanto sostengono le due esponenti radicali.
E’ nella famiglia che la persona non solo viene generata, ma progressivamente viene introdotta mediante l'educazione nella comunità umana.
La cura e l’amore verso i più piccoli, gli ammalati e gli anziani, il servizio reciproco di tutti i giorni, la condivisione dei beni, delle gioie e delle sofferenze fanno della famiglia italiana una vera e propria “scuola di umanità”.
Certo la situazione storica in cui vive attualmente la famiglia si presenta come un insieme di luci ed ombre.
Da una parte, infatti, vi è una coscienza più viva della libertà personale e una maggiore attenzione alla qualità delle relazioni interpersonali nel matrimonio, alla promozione della dignità della donna, alla procreazione responsabile ed all’educazione dei figli.
Dall’altra, invece, si è diffusa un’errata concezione, teorica e pratica, della libertà e dell’indipendenza dei coniugi; esistono gravi ambiguità nel rapporto di autorità tra genitori e figli; aumenta il numero delle unioni di fatto e dei divorzi; la piaga dell’aborto si apre sempre più; il ricorso alla sterilizzazione è sempre più frequente, le legislazioni nazionali, compresa quella italiana, riconoscono con sempre maggiore frequenza matrimoni tra soggetti dello stesso sesso.
Alla radice di questi fenomeni negativi vi è una distorta concezione ed una vera e propria corruzione dell’idea di libertà, dalla cui concezione partono attacchi indiscriminati di tipo ideologico, come quelli da lei ospitati qualche giorno fa sul suo giornale.
Appartenere ad una famiglia – si dice – oggi non conterebbe nulla, quando si agisce nel sociale e nel pubblico; fuori dalle mure domestiche esistono solo gli individui, da valutare e trattare, indipendentemente dalla loro condizione familiare.
E se così non si facesse, significherebbe tradire i valori fondamentali della democrazia e della uguaglianza, ricadendo in logiche proprie delle società tradizionali e della famiglia patriarcale, che invece vengono rifiutate tout court.
Se si legge la storia delle società europee come una progressiva liberazione dell’individuo da tutti i vincoli naturali, come fanno la Bonino e Silvia Manzi, si constata invece che alla fine di questa marcia si trova o uno stato totalitario ed assistenziale, che ha tentato di invadere ogni spazio di libertà, annichilendo tutta la società e distruggendo tutti i suoi corpi naturali intermedi, compresa e soprattutto la famiglia, o vi è uno stato liberal-capitalistico nel quale l’uomo liberato e sciolto da ogni vincolo naturale non solo non ha trovato una vita più libera e più umana, ma ha incontrato debolezze e fallimenti come testimoniano tutti i problemi sociali in rapida ed accelerata diffusione: dall’alcolismo alla tossicodipendenza, dai suicidi giovanili, ai giochi di morte.
Di contro su questo nucleo genitoriale, si vorrebbero caricare tutte le responsabilità per “produrre” un individuo “sano”, un cittadino socialmente efficiente ed attivo, quindi buono ed utile alla collettività.
Da un canto, dunque, si dice che la famiglia non deve avere alcuna rilevanza sociale, dall’altro essa sarebbe causa di tutti i mali, come nel caso delle devianze giovanili e delle malattie mentali.
La famiglia, cioè, viene nello stesso tempo negata e valorizzata, colpevolizzata e caricata di doveri e di compiti a cui da sola non può assolvere.
Eppure la famiglia, soprattutto in Italia, è l’unica e l’ultima, essendo scomparsi tutti gli altri corpi intermedi, possibilità di mediazione tra l’uomo e la società.
Questa mediazione esiste ancora e non è eliminabile perché una società non può essere fatta e non è ancora fatta di individui solitari e disperati.
La famiglia resta, oggi, l’unica realtà in grado di dare senso alla vita di ciascuno, di fornire quei significati per i quali vale la pena vivere e spendere la propria esistenza.
Per questo - risulta da tutte le indagini - gli italiani considerano ancora la famiglia come un vero e proprio bene per la società. E viene vissuta non come una costrizione e come un vincolo asfissiante, ma come risorsa e come un vantaggio.
Lo dimostra la ricerca di un figlio ad ogni costo (anche con la manipolazione genetica) ed il fenomeno sempre più diffuso dei giovani adulti che vogliono rimanere a vivere in famiglia.
Anche il ruolo economico della famiglia mostra in questi ultimi tempi una crescente vitalità: le cure ai disabili, i servizi alle persone anziane, gli aiuti ai meno abbienti stanno in questi ultimi tempi sempre più suscitando ed incentivando associazioni tra famiglie, che sono sempre più presenti sul territorio, proprio nei settori problematici della società.
A livello di comunità locale si riscontrano sempre più frequentemente esempi di coinvolgimento tra famiglie e strutture sociali formali (scuole, amministrazioni comunali).
La famiglia, quindi, proprio quando da alcune parti si vorrebbe delegittimarla, va scoprendo una nuova cittadinanza ed un nuovo ruolo.
Grazie di cuore e tanti ringraziamenti.
Riccardo Pedrizzi
Presidente Nazionale del Comitato Tecnico Scientifico dell'UCID (Unione Cristiana Imprenditori Dirigenti)